Farmacia Salvioni 1905

Oltre 100 anni di esperienza a Montalcino Farmacia Salvioni Montalcino

La linea cosmetica Salvioni 1905 nasce nella storica farmacia di Montalcino, in quegli stessi laboratori dove intorno alla metà del 1800 Clementi Santi, nell’impresa di far resistere il vino al tempo, creò il Brunello di Montalcino.
L’idea è molto semplice e allo stesso tempo estremamente ambiziosa: creare un prodotto capace di omaggiare la bellezza del nostro territorio, la reputazione della nostra farmacia e soprattutto le persone che vivono e investono a Montalcino.

Sono persone informate e attente cercano uno stile di vita sano, le loro scelte sono ispirate dalla natura, dalla ricerca della qualità, ma anche dalla fiducia che, in un piccola realtà rurale come questa, si conquista. Giorno dopo giorno.
Nella nostra farmacia ci dedichiamo al benessere da quattro generazioni fin da quando, nel 1905 il dr. Giulio Salvioni ne divenne proprietario per proseguire l’arte antica dello speziale che, in queste stanze, si praticava già dal Cinquecento.

Per l’ubicazione così favorevole, possiamo considerare che gli ambienti occupati oggi dalla farmacia abbiano avuto da sempre un particolare rilievo nella vita dell’antica Piazza del Mercato. È sufficiente osservare le importanti arcature che spiccano nel paramento murario della facciata e considerare l’adiacenza alla loggia del mercato. Essa infatti occupa due delle tre botteghe che il primo di marzo del 1371 il notaio Giovanni di Meuccio di Nardo donava al convento dei pp. Minori di S. Francesco. La spezieria era qui esercitata almeno dal secolo XV quando Paolo Dei e Giacomo Marzuoli, ilcinenses aromatarios in civitate ilcinea, sono coinvolti nel pagamento della sesta parte del salario del medico Giovanni Maria de Sereni per la sua condotta stipulata il 4 settembre1499 coi priori del Comune. Nella fase di slancio economico dei decenni che seguono la caduta della repubblica senese del 1555 favorita dall’afflusso di investitori stranieri per i larghi privilegi fiscali concessi alle merci prodotte a Montalcino, sembra rientrare il consenso del Consiglio generale del Comune ottenuto dagli speziali alla ricostituzione della loro arte con un nuovo statuto autonomo. Poi, con il 1592, anche gli speziali montalcinesi dovranno recarsi per la loro matricolazione nella sede dell’arte in Siena e accogliere il controllo periodico da parte del protomedico senese dell’esercizio dell’arte e dello stato delle loro spezierie.

Nei primi anni del Seicento la spezieria di piazza era passata dalla famiglia Tinelli agli Angelini. La giornata dello speziale Ascanio era segnata certamente dal lavoro continuo dell’arte. Preparava i suoi elettuari: il filonio romano, il diatartaro che libera dai viscidumi e mucillaggini, l’alessandrino per levar via i dolori, il discordio di Fracastoro contro il contagio, la trifera magna a provocar mestrui o le pillole di cinoglossa (la lingua di cane) per narcotico. Egli era senza dubbio un operatore sanitario, ma si ricorreva a lui anche per l’acquisto d’ingredienti per la cucina e di preparati per la tavola: pepe, «mandorle stiacciate», «zuccaro bianco e in polvere o rosado», cotognata di mele, conserva di rose o di viole, spezie forti, colla di pesce e così via, pan pepati, copate e biricoccoli natalizi.
Anche questo contribuiva a fare della spezierie una presenza attraente nel centro di Montalcino, un luogo di relazioni e incontri che animavano la vita quotidiana di cui oggi resta appena la memoria alle spalle della rinnovata professionalità del farmacista.

Per 'assaporare' appena quel clima proviamo ad entrare il 13 agosto 1596 nella spezieria di piazza quando è tenuta ancora da Giovanni Tinelli, per incontrarvi personaggi di spicco della chiesa e della società montalcinese. Come di consueto quel mattino lo speziale ha accolto il fratello Fulvio, vicario generale della diocesi, il cognato Iacopo Angelini cancelliere vescovile, il teologo, canonico della cattedrale, Agostino Brunacci e il padre provinciale dei Minori Cesare Palmierucci. Accomodati sui loro scanni, sorseggiando la loro orzata, la conversazione si fa animata e scivola su un tema rischioso: i doveri nell’esercizio delle professioni medicorum, pharmacopolarum et chirurgorum. D’improvviso il Brunacci, con il dito polemico in aria, se la prende con l’infedeltà di certi medici: qui ad ditandos pharmacopolas, remedia inutilia praescribunt. Il vicario, dopo un’occhiata preoccupata al fratello Giovanni: Ma obblighi morali ci sono anche per governanti, magistrati e militari!

Certo, prorompe il provinciale Palmierucci, i governanti peccano quando permettono di aprire le officine nel giorno del Signore e negli altri giorni festivi o tollerano in quei giorni che si balli in pubblico, si tenga mercato o che durante il tempo del Divino Ufficio gli osti somministrino vino. E ancora – si accalorava il Palmierucci – i governanti peccano quando onerano il popolo con tributi sempre più pesanti. E peccano i militari che stationem suam non conservano o che passano al nemico come ben sapete. Né mancano gli obblighi dei magistrati… Ma in quel momento era entrato nella spezieria il magister Crescenzio Marzuoli, l’iuris utriusque doctor che, capito che a quel punto sarebbe toccata a lui, solenne, interrompe il padre provinciale imponendo all’accesa conversazione la virata verso la violazione del diritto d’asilo consumatasi a Montalcino nella chiesa del convento di S. Francesco. Come dirimere il caso, prorompe il magister. Da una parte il giudice del tribunale laico che vuol metter le mani su Andrea Spagni, un capitano del granduca reo sotto gli occhi di tutti di aver ucciso qui in Piazza del Mercato il giovane Cesare Pinelli. Dall’altra il guardiano del convento, un sant’uomo, che invoca a ragione il diritto d’inviolabilità della casa di Dio? Due giustizie?

Tutti restano appesi all’interrogativo insolubile. Lo speziale, approfittando del silenzio, con un sospiro di sollievo, 'sene torna ai suoi elettuari'.
Qui si erano succeduti come abbiamo visto i Tinelli e gli Angelini. Nel 1704 con la morte di Ascanio, l’ultimo di questi, la spezieria è acquistata da Giovanni Boldrini che vi lavora fino al 1745. Alla sua morte il canonico Girolamo suo fratello dona la spezieria all’ospedale di S. Maria della Croce e Tullio Canali, il rettore dell’ospedale, l’affida allora all’amministrazione di un giovane speziale Clemente di Livio Santi. L’acquisizione dell’ospedale apre allora un nuovo periodo della storia della spezieria.

Ciò è per un verso una fortuna in quanto nell’archivio dell’ospedale sono conservati più documenti relativi alla sua amministrazione e alla decisiva dismissione imposta dalla riforma degli enti pii decretata dal granduca Pietro Leopoldo di Lorena nel 1782 per cui la spezieria tornava di lì a poco nelle mani di privati. Fra questi ultimi documenti spicca un inventario per la preparazione delle stime ricco di informazioni sui «medicinali d’ogni sorte, droghe e semplici, vasi, scatole, vetri, libri» oltre agli «armari , conche, banchi, cassette, tavole», infine i «ferrami, rami, bronzi, ottoni, stagni, bilance, statere et ogni altro» fra i quali spicca il bel mortaio in bronzo a campana rovescia che reca impressa la data 1751 e lo stemma del S. Maria della Croce conservato oggi dai Salvioni nella spezieria, anzi nella farmacia. Il valore complessivo della spezieria ascendeva a £ 11.824. Al termine del complesso iter amministrativo la spezieria entrava il 20 settembre1788 in proprietà di Clemente Santi. Fattosi cittadino montalcinese Clemente aveva sposato Petronilla Canali, nipote del rettore del S. Maria della Croce Tullio Antonio. Nel 1758 era nato il figlio Luigi che sarà indirizzato dal padre verso l’ammaestratura dell’arte tanto che dal 19 ottobre 1781 lo troviamo ad amministrare la spezieria in sostituzione del padre. Dopo l’acquisto della spezieria la proprietà dell’immobile era rimasta ai PP. Francescani. Con la soppressione napoleonica del convento nel 1808, ma non conosciamo con precisione l’anno in cui la farmacia passa a Luigi Santi come risulta dalla Tavola Indicativa del Catasto Toscano del 1820.

Nel 1834 titolare della farmacia è Clemente il figlio maggiore di Luigi e fratello dell’avv. Tullio Santi.Cresciuto nell’ambiente culturale raffinato della famiglia che ne aveva affinato i sentimenti e orientato gli interessi, Clemente si era laureato in farmacia nel 1814 presso l’università di Pisa mentre il già citato Giorgio Santi vi insegnava storia naturale. Noti sono gl’interessi storico-artistici di Clemente e di più la sua corrispondenza con l’Accademia dei Georgofili e la collaborazione al Giornale Agrario Toscano. Conserverà la farmacia fino al 1874 anno in cui la proprietà risulta a un tal Carlo Ridolfi. Antonio Galassi e Flavio Angelini sono ai ruoli delle imposte di ricchezza mobile per l’esercizio delle farmacie nell’anno 1889. Ma non è ben chiaro quale delle due famiglie avesse la proprietà e gestisse insieme la farmacia di piazza. Questa è ceduta nel 1891 a Garibaldo Tempesti.

Nel quindicinale locale Il Progresso del 18 novembre 1894, compare una finestra pubblicitaria della ‘Farmacia Bacciarelli di Piazza principessa Margherita, come allora era stata intitolata l’attuale Piazza del Popolo, dalla quale sembra di desumere la tendenza del Bacciarelli a privilegiare il carattere di drogheria trascurando quello proprio di una farmacia. Infatti si avverte che nella farmacia «trovansi medicinali e generi di drogheria d’Ottima Qualità e a prezzo ribassato». E si offrono acque minerali, Alchermes, Rhum e Marsala. Elisir stomatico di china, cioccolata sopraffina, confetti e droghe per Vermouth, cipria profumata oltre all’immancabile chinino. Finalmente Il Progresso del 15 aprile 1900 rassicurato, rassicurava: «La farmacia di piazza Margherita è stata acquistata dal sig. Curzio Costanti, figlio del cav. uff. Tito Costanti. Vi convenivano una volta le migliori e più dotte persone del paese. Auguriamoci che possa riprendere le sue onorate tradizioni».
Giungiamo così ai Salvioni, al nonno del dr. Roberto.

Giulio d'Antonio, conseguito il diploma di laurea in Farmacia presso l'università di Siena nella prima sessione d'esami dell'anno accademico 1903-1904, assumeva la gestione della farmacia nel 1905 (…un secolo è già trascorso!) mentre il 28 aprile 1917 acquistava la proprietà dell'immobile. Renato, secondo dei suoi quattro figli si laureerà in Chimica e Farmacia a Siena nel 1937 e assumerà la direzione della farmacia alla morte del padre nel 1941. La sua breve vita sarà arricchita, per il matrimonio con Rita Fratini, dalla nascita di cinque figli.

Il dr. Roberto, il maggiore, laureatosi in Farmacia nel 1968 è titolare della farmacia dal 1 gennaio 1969. Mentre Carlo, il maggiore dei figli di Roberto, sceglieva con la laurea in CTF di dedicarsi alla consulenza aziendale, il fratello Fabio laureato in Farmacia nel 2001 gestisce oggi in società con il padre la farmacia di famiglia, replicando quella che era stata fra Sette e Ottocento la continuità quasi secolare di tre generazioni della famiglia montalcinese dei Santi nella Farmacia di piazza.
In queste stanze intorno alla metà del 1800 Clementi Santi, nell’impresa di far resistere il vino al tempo, creò il Brunello di Montalcino.
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